Oggi, con l’avanzamento dell’intelligenza artificiale (IA), è naturale chiedersi se il ruolo del copywriter sia destinato a sparire. Certo, l’IA può sostituire un copywriter su molti fronti, ma il punto è: l’output sarà davvero mai lo stesso?
Il lato “gelosamente umano” del copywriting
Per rispondere, basta pensare a cosa rende un copywriter unico. Francesca La Gioia, durante lo Storytelling Festival di Bari, organizzato da La Content, ha parlato di “attributi gelosamente umani”, citando Italo Calvino. Lo scrittore italiano, già negli anni Sessanta, immaginava l’avvento di una “macchina scrivente” capace di simulare una personalità autoriale. In una serie di conferenze, poi raccolte nel volume “Una pietra sopra” (Einaudi, 1980) con il titolo “Cibernetica e fantasmi”, Calvino ipotizzava una macchina che, con istruzioni specifiche, avrebbe potuto produrre testi con una personalità distinta. Oggi quella macchina esiste, e ha preso il nome di Chat GPT. Eppure, al di là della sua precisione algoritmica, questa IA non “comprende” il testo come farebbe un autore. L’IA può attingere al passato, ma non anticipare il futuro; è in grado di elaborare dati già esistenti, ma non di generare un concetto creativo “trasformativo” davvero inedito. Questo perché – ad oggi – l’IA non possiede la creatività trasformativa che riguarda il cambiamento del quadro di riferimento all’interno del quale si sta compiendo la propria indagine.
L’approccio di WBC: IA e creatività
Sappiamo che l’IA, pur avanzata, non “sente” come un essere umano. Può produrre parole efficaci, ma difficilmente riesce a trasmettere la stessa intensità emotiva, ad avere l’idea geniale. La creatività umana è trasformativa: parte dall’esperienza, dall’intuizione e dalle emozioni, fa voli pindarici da un tema all’altro, ingredienti che danno vita a qualcosa di unico. Un testo scritto dall’IA può essere perfetto nella forma, ma resta perlopiù un’elaborazione di dati preesistenti, priva di quella scintilla umana che può davvero toccare chi legge.
Misuriamo tutto, tranne la creatività.
Da WBC, l’intelligenza artificiale non è un tabù: è un alleato. La guidiamo con consapevolezza, sfruttando la sua efficienza per analisi rapide e supporto operativo, senza mai dimenticare il valore dell’apporto umano. Ogni giorno respiriamo dati, ma sappiamo dove finisce il ruolo della macchina e inizia quello della mente.
Misuriamo tutto, tranne la creatività. Perché la creatività non ha parametri e non può essere ridotta a numeri o algoritmi. Il vero storytelling nasce dall’equilibrio tra tecnologia e umanità: è lì che si sprigiona il potere di un racconto fatto di idee, emozioni e intuizioni uniche.
Guardando al futuro
L’IA continuerà a evolversi, supportando i copywriter e i creativi in modo sempre più sofisticato, ma noi crediamo che l’apporto umano rimarrà essenziale. Nulla può sostituire l’occhio critico, l’empatia e l’intuizione che trasformano un semplice testo in un messaggio indimenticabile.
In WBC accogliamo le nuove tecnologie, ma non perdiamo di vista ciò che rende i nostri progetti davvero unici: l’essere umano dietro la tastiera, con i suoi “attributi gelosamente umani”.
Chi ha scritto questo articolo?
Questo articolo è stato scritto da Luna Donvito con il supporto di Chat GPT per l’ottimizzazione dei testi. Chat non avrebbe potuto citare in autonomia Calvino in questo contesto, ricollegarsi autonomamente allo Storytelling Festival, parlare dell’approccio di WBC se Luna non l’avesse prima istruito con tutte queste informazioni preliminari. Così come non avrebbe mai potuto scrivere questo paragrafo di chiusura.
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