Perché il Brand è cruciale per il successo delle aziende B2B
Che il “Brand” sia fondamentale per il successo di un’azienda è risaputo, ma ciò che potrebbe sorprendere è che il brand è ancora più importante nel guidare le decisioni di acquisto tra le aziende – rispetto ai consumatori – che scelgono un prodotto.
Il motivo è molto semplice: la posta in gioco, per le aziende B2B, è decisamente maggiore nella scelta tra un fornitore e un altro.
Nonostante il processo decisionale B2B sia solitamente più razionale rispetto al B2C un claim utilizzato in una campagna, divenuto un must, sintetizza perfettamente il motivo per cui il Brand è importante per il B2B: ““nessuno è mai stato licenziato per aver acquistato IBM”.
I marchi B2B non hanno bisogno di pubblicità?
Il valore economico del Brand, tra B2B e B2C, non sono ovviamente paragonabili se rapportati al valore per il consumatore ma, sebbene i marchi B2B contribuiscono a creare meno valore per l’impresa, questi crescono più rapidamente rispetto ai marchi B2C (16% vs 9%) – classifica Brand Finance https://brandirectory.com/rankings/global/
Tuttavia le aziende B2B continuano a investire meno nel proprio marchio e nel marketing rispetto alle aziende B2C. Sicuramente questa scelta è determinata da una mancanza di consapevolezza delle opportunità di mercato che deriverebbero da una maggiore attenzione al brand e al marketing.
Sfatiamo cinque miti sul branding B2B
Approfondiamo quelli che sono i 5 miti sul branding che frenano i brand B2B.
Mito n. 1: i marchi B2B non hanno bisogno di pubblicità.
Anche i marchi B2B crescono grazie agli investimenti in branding. Un perfetto esempio di ciò viene da Salesforce. La società di software basata su cloud ha mostrato una crescita impressionante negli ultimi 20 anni applicando una vecchia ma interessante teoria pubblicitaria – la curva di intensità pubblicitaria – di John Philip Jones che ha dimostrato che quote di investimento maggiori sono associate a quote di mercato maggiori. (https://hbr.org/1990/01/ad-spending-maintaining-market-share)
Ciò che Salesforce ha fatto è stato assicurarsi che il suo ESOV (differenza tra share of voice (SOV) e market share (SOM), è nota come Excess Share of Voice (ESOV)) fosse superiore a quello del suo diretto concorrente, SAP. Spendendo il 45% dei propri ricavi in vendite e marketing, Saleforce ha costantemente “rubato” quote di mercato a SAP, che spende circa il 25% dei propri ricavi in vendite e marketing. Di conseguenza, nel periodo 2015-2021, i ricavi di SAP sono cresciuti di 1,4 volte rispetto ai ricavi di Salesforce che sono cresciuti di 4 volte. E mentre l’ESOV di Salesforce ha continuato a crescere nel periodo, SAP è diminuito. Di conseguenza, Salesforce ha raddoppiato la sua quota di mercato. La lezione che possiamo imparare da Salesforce è che gli investimenti pubblicitari e le comunicazioni ad ampio raggio che aumentano il SOV contribuiranno a far crescere il business, nel B2B proprio come nel B2C.
Mito n. 2: il B2B riguarda più la creazione di relazioni che la creazione di brand
Il 90% degli acquirenti sceglie un marchio che ha già in mente all’inizio del processo di acquisto (https://hbr.org/2022/09/what-b2bs-need-to-know-about-their-buyers). Pertanto è importante essere nella mente del potenziale acquirente per essere presi in considerazione nel momento opportuno. Il brand deve pertanto rientrare nel “set di considerazione” del potenziale acquirente.
Alcuni studi dimostrano che la fiducia è direttamente correlata alla dimensione del brand: più piccolo è un marchio, meno clienti fedeli ha quindi, per crescere, le aziende devono “rubare” quote ai grandi marchi e il suo focus non dovrebbe essere esclusivamente sui clienti fedeli.
La principale conseguenza di questo mito è che il marketing B2B è orientato verso media mirati e specifici orientati a obiettivi di fidelizzazione. Tuttavia, i marchi B2B davvero forti, sono quelli che costruiscono la propria strategia di posizionamento tra campagne di ampia portata e campagne specifiche. I marketer B2B devono quindi spostare questo equilibrio verso campagne più ampie.
Quali sono i brand B2B che ti vengono in mente più facilmente? Probabilmente sono quelli che investono pesantemente nella costruzione del brand, come Accenture, IBM o Salesforce. Che si tratti di sponsorizzazioni o campagne multicanale, questi marchi hanno costantemente investito in comunicazioni ad ampio raggio.
Mito n. 3: le emozioni non contano nel B2B
È esattamente l’opposto: il grado di rischio assunto da un acquirente B2B spiega questa maggiore connessione emotiva (https://www.thinkwithgoogle.com/consumer-insights/consumer-trends/promotion-emotion-b2b/). Un acquirente B2B rischia la sua credibilità e reputazione all’interno del suo lavoro se prende la decisione sbagliata. Questo è il motivo per cui questi dirigenti gravitano verso scommesse sicure, marchi di cui possono davvero fidarsi.
Mito n. 4: Distintività e coerenza non sono così importanti per costruire marchi B2B
Non è solo l’uso dell’emozione che può migliorare l’efficacia di una campagna di comunicazione nel B2B, ma anche l’uso coerente di codici (colori, forme e suoni distintivi del marchio) contribuisce all’efficacia della comunicazione.
Secondo i dati del LinkedIn B2B Institute , il 75% degli annunci B2B sono inefficaci e non favoriscono la crescita a lungo termine (https://www.marketingweek.com/majority-b2b-creative-ineffective/).
I brand B2B che sono cresciuti di più nella loro categoria sono quelli che hanno saputo padroneggiare l’uso coerente dei loro “codici identificativi”.
Quello che possiamo imparare da questi marchi è che l’uso pertinente di elementi distintivi del marchio aumenta la considerazione e l’efficacia delle comunicazioni, perché le persone possono identificare rapidamente il marchio dietro l’annuncio senza dover pensare troppo.
Diversi autori dimostrano che i marchi che abbracciano un’identità distintiva coerente nei mercati B2B hanno il potenziale per influenzare positivamente le risposte degli acquirenti.
Mito n. 5: Conosciamo i nostri clienti, non abbiamo bisogno di ricerche.
Anche i migliori dirigenti B2B tendono a pensare di conoscere i propri clienti e quindi non hanno bisogno di ricerche. È la mancanza di orientamento al mercato travestita da conoscenza intima del cliente.
È molto comune negli ambienti B2B perché è un ambiente in cui i clienti sono conosciuti per nome. Ma è raro avere informazioni rilevanti per il cliente, quelle che davvero determinano e conducono il processo decisionale, ed è ancora più difficile conoscere quei potenziali clienti che non vogliono lavorare con te e perché non vogliono.
Se non chiedi ai tuoi clienti, sarai ignaro del loro cambiamento di opinioni, atteggiamenti e comportamenti e quindi non sarai in grado di rispondere adeguatamente.
Le persone non si comportano allo stesso modo ogni giorno, il loro comportamento varia a seconda del loro umore e della situazione, quindi i brand fanno meglio a prendere di mira quelli.
Gestire efficacemente il tuo marchio B2B
Il brand è un fattore di acquisto chiave nel B2B e i brand B2B crescono esattamente come il B2C: con un’ampia portata (non solo costruendo relazioni), supportata dall’uso coerente di emozioni e codici distintivi. I clienti B2B sono esseri umani, non macchine, quindi è importante perseguire messaggi emotivi e media di portata più ampia. Essenziale risulta misurare e tenere traccia delle metriche chiave del marchio (come rilevanza, penetrazione o fedeltà), al fine di ottimizzare la gestione del marchio B2B e i budget investiti.